Veramente il termine non è esatto, perché non si tratta affatto di scarpe, ma di quelle caratteristiche calzature usatissime nel Veneto, nel Friuli e nel Trentino-Alto-Adige, una cinquantina d'anni fa, costituite dalle tomaie di cuoio, ma dalle suole di legno. In qualche località dell'Udinese assumevano la configurazione di piccole gondole, di pianelle aperte posteriormente in corrispondenza del calcagno. Avevano il pregio di tenere il piede caldo d'inverno e fresco d'estate. Nei mesi freddi, indiscutibilmente, si portavano ai piedi, ma in primavera e in estate i ragazzi che andavano a scuola o alla chiesa, se le mettevano a tracolla, una sul petto e l'altra sulla schiena, e camminavano a piedi nudi. Era un uso, un modo di comportarsi, al quale tutti i bambini si conformavano, e — se volete anche — un sistema di risparmio. Quelle calzature, anche se povere, costavano, mentre non costava la «pelle dei piedini che mamma ci fece...».
Che combinò un giorno un amichetto a Sante Spessotto, il bambino più simpatico di tutti, fin d'allora, ma non cerio il più cheto-cheto nel senso di una pappafredda! Anche a lui piaceva ridere, scherzare, senza essere petulante, senza fare il capobanda. D'altra parte non sarebbe stato capace, non ne aveva il carattere, era nato con un'altra natura. Beh! che gli fece quel compagno? Gli si avvicinò piano piano dietro le spalle, con piedi di felpo e gli versò un barattolo d'acqua dentro quell'arnese che portava a tergo. Dopo qualche passo, Sante s'accorse, avverti che qualcosa di liquido gli scendeva giù per la schiena. «Toh, cos'è!», disse accompagnando le parole con una mossa brusca e repentina che gli portò sotto il naso la ciabatta... dispettosa. Si guardò attorno e: «Sei stato tu, me l'hai fatta!», disse, fissando il colpevole, che riuscì facilmente a individuare. (I ragazzi non sanno mentire, non sanno cambiare d'improvviso la pelle come i camaleonti). «Me la pagherai. Domani metterò questa scarpa di dietro e quest'altra davanti: vedremo se riuscirai a farmela ancora», aggiunse sorridendo. Rientrato in casa, volle raccontare lo scherzo alla prima persona che vide sull'uscio: era papà. E sapete che rispose quel saggio?
«Se uno ti percuote sulla guancia destra, tu non vendicarti, non litigare, ma porgigli anche la sinistra».
Il ragazzo rimase come interdetto: forse s'aspettava un altro discorso: lì per lì non comprese il significato di quelle parole, ma avvertì un non so che di gioioso, di sereno, scendergli nel cuore. Vide il volto del padre sfavillare di beatitudine, di compiacimento. Quell'atteggiamento ispirato, non lo scorderà mai più. Quell'insegnamento, dopo tutto, preso dalle più belle pagine del vangelo, lo inculcherà a tutti i suoi cristiani d'America, fino all'ultimo giorno della vita. Ora ci sentiamo d'aggiungere che se l'albero ha maturato altrove i suoi frutti, le radici le aveva messe quel giorno, lì, in terra veneta.
«Perdonate settanta volte setta. Perdonate sempre. Non fatevi giustizia da voi stessi. Lasciate a Me ogni giudizio. Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno. Non c'è amore più grande di quello che dà la vita per il proprio fratello. Amatevi gli uni gli altri come Io vi ho amato» (Dai Vangeli).

 Fu, è il programma di Gesù per tutte le generazioni: è il suo Vangelo da duemila anni a questa parte. Non è ancora tramontato, non è ancora stato superato, non s'è ancora trovato di meglio finora per sostituirlo! E non si troverà, perché «parola di Dio», che costruisce i santi e forma i martiri.