È un detto molto comune nel Veneto e forse in tutta Italia: può anche darsi che la dizione più corretta sia «riso e bisi», e nient'altro significa che una buona minestra costituita da riso e piselli, tipica della cucina nostrana.
Spesso i bambini manifestano delle curiosità, delle sfaccettature, delle prese di posizione interessanti, patologiche, il più delle volte inspiegabili. A tavola, per esempio! Se si mettono in testa che una certa qualità di cibo non sia buona, che una minestra sia insipida o sciocca — come dicono i toscani —, che una verdura sia sgradevole al palato, non c'è verso di convincerli a mangiare. Si mettono a fare le bizze, i capricci, scovano fuori tutte le malizie del mondo, inventano le più ingenue furberie, parenti strette delle bugie, e con l'avallo della nonna riescono a spuntarla e a farsi sostituire il cibo.
Si dice che un giorno ciò sia accaduto anche in casa Spessotto, ma questa volta lui non c'entra, meglio c'entra per un altro verso, molto più edificante. La protagonista fu una sorellina. Ecco si svolsero i fatti. Quel primo giorno di sabato del mese di maggio, a tavola «risi e bisi» per tutti, una bella zuppa profumata per tutti i numerosi commensali. I ragazzi più piccoli, cioè gli scolari, ritornavano un po' più tardi perché le lezioni terminavano a mezzogiorno in punto. La famiglia perciò aveva già mangiato, i più grandi erano andati, come il solito, a schiacciare un pisolino prima di riprenderle i lavori della seconda metà della giornata. I bambini arrivano a casa con un buon appetito scritto negli occhi. Che è, che non è, la piccola s'impunta: «Quella lì non mi piace, non la mangio» e si va a raggomitolare accanto al focolare. «Ma su, dai mangia — insiste la mamma —. È tanto buona: risi e bisi... una zuppa da papi. L'avessero tanti poveri di questo mondo!».
«No e no, non mi piace e basta».
Allora Sante, in silenzio, le si avvicinò e le disse: «Senti, dai, fai un fioretto alla Madonna, oggi è sabato. Questa sera insieme con i fiori scriveremo un bigliettino e lo porteremo alla Madonna... 'Ti portiamo un fiore più bello... Ho mangiato la minestra che non mi piaceva'. Su, dai, vieni, mangia, t'aiuto anch'io, accontentiamo la mamma». La prese per un braccio, la tirò alla tavola, le mise in mano il cucchiaio e si mise anche lui a scucchiaiare. Dopo un paio di riprese, disse: «Senti, se t'aiuto troppo tu stai senza mangiare; su da brava, mangiala tutta tu». «Sì, la mangio» — rispose. Sante la coprì con la sua persona perché mamma non vedesse... Chissà perché poi!
Quando il piatto fu vuoto, quasi all'unisono chiamarono: «Mamma, mamma, l'ha mangiata tutta...: l'ho mangiata tutta!».
Alcuni anni dopo, la stessa protagonista affermerà: «Capricci, solo capricci di ragazzi. La minestra era buona, l'ho mangiata e l'ho trovata saporita. Da allora non ho avuto nessuna difficoltà a mangiarla». Oh! i bambini e la loro psicologia! A saper scoprire la chiave dei loro piccoli misteri, dei loro segreti... ti fanno di tutto, riesci a ottenere tutto.

Non è azzardato affermare che fin d'allora, in casa sua, il futuro P. Cosma, aveva iniziato il suo apostolato più efficace, quello delle buone parole, degl'interventi più amabili e persuasivi. Così si comporterà con sé stesso, silenziosamente, per tutta la vita, educando la sua anima alla mortificazione, al sacrificio, ai piccoli sacrifici. Sarà il suo distintivo durante il periodo educativo che Io porterà al sacerdozio: sarà la caratteristica del suo spirito in terra di missione. Quante volte e quanto spesso parlerà in privato e in pubblico ai suoi fedeli, di mortificazioni, di opere buone, di «fioretti» da offrire quotidianamente al Signore, alla Madonna, per la conversione dei cattivi, per la perseveranza dei buoni, per la santificazione dei migliori!