P. Cosma fu un sacerdote mite, buono, umile anche nella sua morte. Predicava la giustizia e la carità: l'amore fraterno e il perdono a tutti, specie ai suoi «campesinos», disperati per le tristi condizioni della vita quotidiana, ai quali l'oligarchia feroce ha strappato persino gli orti.
Suo motto era: «Le idee non si affermano con le armi».
Un giorno arrestano un catechista, Manuel Melender, 45 anni, campesino, padre di sei figli. Aveva diffuso volantini di un movimento popolare. P. Cosma riesce a farlo liberare. Ma tre mesi dopo le bande paramilitari, di notte, vanno a prelevare Melender e un figlio. Il mattino seguente li trovano ai bordi d'una strada decapitati a colpi di machete.
I desaparecidos e gli ammazzati ormai non si contano più. P. Cosma invoca la pace. Va al quartier generale e chiede che finiscano gli abusi e le violenze nella frazione di Pjal. Riunisce i suoi parrocchiani che hanno scelto la strada della guerriglia, tenta una mediazione. Le uniche mediazioni valide, perché cristiane, che sono e saranno sempre: il perdono, l'amore fraterno, la pace. Un confratello, p. Giuseppe Grigoli, scriveva:
«Ho partecipato a una di quelle riunioni. I campesinos avevano occupato una terra incolta, ma erano stati cacciati con le baionette. P. Cosma parlò per tre ore e Dio solo sa come seppe trovare le parole giuste».
Nelle frequenti riunioni dei suoi parrocchiani, p. Cosma cercava di mediare sempre per spirito di fraternità, per obbedire al comando del Signore «Benedite sempre: non maledite (non imprecate) mai», e soprattutto, poi, per evitare quelle orrende violenze che finivano sempre, proditoriamente, di notte, con inspiegabili decapitazioni.
Il vescovo diocesano, Pietro Arnoldo Aparicio, aveva chiesto ai parroci una relazione sulle condizioni di vita dei campesinos. P. Cosma gli aveva riferito molte notizie sulle quali il vescovo si era basato per la sua carta pastorale, che denunciava sfruttamenti e abusi di potere.
Si occupavano le chiese: a Zacatecoluca, a San Vicente, a San Salvador. P. Cosma si rifiuta e dice: «La Chiesa non è uno strumento di battaglia, è speranza di Pace».
Allora sui muri compaiono altre scritte. Una dice: «Muerte al cura que nos impediò de ocupar la iglesia»: morte al prete che ci ha impedito di occupare la chiesa.
P. Cosma non cancella quelle minacce e continua a predicare la fratellanza. P. Filiberto, ancora, racconta:

«Lo accompagnavo un giorno in macchina. Io guidavo e lui parlava, senza che riuscissi ad interromperlo. Sempre lo stesso argomento: la violenza, le coscienze confuse, la necessità del perdono e noi che dobbiamo avere 'la misma fe de lor primeros cristianos': noi dobbiamo avere la stessa fede dei primi cristiani. Mi sembrava strano che non avesse un presentimento».