"È stato osservato da qualcuno che, poco tempo dopo l'atroce assassinio di p. Cosma Spessotto ofm., il santo Padre Giovanni Paolo II annunciava il tema del prossimo Sinodo della Chiesa universale: la riconciliazione nella Chiesa.
Coincidenza casuale senza dubbio, ma ugualmente significativa se si riflette, sulla base delle testimonianze che via via si aggiungono alle prime, raccolte dopo il tragico fatto del 14 giugno 1980, che il francescano morì, stramazzando al suolo... come una vittima dell'amore e del perdono tra i suoi concittadini di elezione.
In parecchi incontri presbiteriali e missionari svoltisi nei mesi che precedettero la sua morte, quando ormai la guerra civile insanguinava il paese e l'odio attraversava non soltanto il tessuto politico e sociale, ma anche la stessa Chiesa, ci si era interrogati su quale potesse essere la posizione del sacerdote, quale il suo compito di fronte alle fazioni in lotta, quale il suo messaggio ai fedeli che piangevano i loro cari uccisi dagli uni o dagli altri. Padre Cosma aveva chiaramente fatto la sua scelta, quella stessa scelta che fu causa del suo martirio: il nostro compito — diceva — è quello di far capire alla gente la necessità della riconciliazione, d'insegnare il dovere del perdono. Anche di fronte alle ingiustizie sociali, anche per i colpevoli di delitti che provocano vendetta, padre Cosma voleva spezzare la spirale dell'odio in nome della fratellanza cristiana.

L'insegnamento del martire tante volte ripetuto dal pulpito e nelle case da lui visitate, ebbe conferma, com'è noto, in quella pagina manoscritta che fu trovata in un cassetto del suo povero studio...
"...io perdono fin da questo momento coloro che si rendessero responsabili della mia morte. E prego anche tutti i miei fedeli di fare altrettanto".
Assumere una posizione come questa, in un paese e in una situazione in cui era forte per molti la tentazione della violenza e a rispondere alla violenza con la vendetta, non era certo disimpegno di fronte all'emarginazione e alla drammatica povertà dei campesinos, ma stare dalla parte dell'uomo e della sua vera libertà; stare soprattutto dalla parte del Vangelo dell'amore.

Ci si è chiesti giustamente, quando giunse la notizia della sua morte, perché mai si fosse voluto togliere di mezzo un sacerdote che aveva deliberatamente scelto di "non fare politica" per essere solo "testimone dell'amore"...
Non c'è risposta che non sia quella dell'amore, l'unica forza in grado di edificare una muraglia invincibile contro la cecità e l'odio. Il suo messaggio è il perdono; la sua forza, anche nella morte, dalla tomba sempre coperta di fiori e di ceri, accesi dai fedeli accorrenti da ogni parte a loro rischio e pericolo, è la mitezza indifesa alla quale è stata promessa la beatitudine da Colui che ha vinto l'odio amando fino alla fine.

Si parla anche di miracoli, ormai, fioriti come una leggenda dietro al suo nome, diventato un simbolo del Salvador di domani.
I suoi fedeli con le offerte lasciate sulla sua tomba hanno voluto completare la cupola che mancava alla sua chiesa, quasi per dargli una corona e decretargli un trionfo... in anticipo. Una "corona e un trionfo" al martire del perdono" (P. Eliodoro Mariani).
(Da "L'Osservatore Romano", 9-3-83).