Gesù parlando dell'apostolo san Bartolomeo disse: «Ecco un vero Israelita nel quale non c'è inganno» (Gv 1,47).
Parole sante che noi tutti applicavamo al P. Cosma, un genuino figlio di Dio, nel quale non c'era falsità. Dalla famiglia aveva ereditato il suo agire cristiano, in seno alla famiglia s'erano sviluppate in lui le più belle virtù della religione!
Il Signore affermò, parlando dei falsi profeti di questo mondo:
«Li riconoscerete, dunque, dai loro frutti. Non può un albero buono fare frutti cattivi, né un albero cattivo portare frutti buoni» (Mt 7,18-20).
Egli era nato e cresciuto in una buona famiglia-casa, famiglia-chiesa.
La vita degli uomini del domani si forma sulle ginocchia della mamma — ammonisce la sapienza cristiana.
La famiglia forgia gli uomini dell'avvenire — ripete la società.
In Centro-America corre questo detto: «De tal palo tal astilla».
«Dal ramo la fronda» — diciamo noi in Italia e... in tutto il mondo. «I tralci dalla vite» — insiste il Signore nel Vangelo.
«Custodisco in uno scrigno d'oro un incontro avuto con sua madre. Correva l'anno 1968. In America con un cameraman della televisione guatemalteca avevo preparato un documentario sul lavoro dei francescani veneti in Centro-America. La pellicola, tra l'altro, conteneva alcune sequenze suggestive dell'attività del P. Cosma che appariva, ora al volante di una jeep in una strada polverosa tra l'esuberante vegetazione tropicale; ora rispuntava in mare, su una fragile barchetta, in visita ai pescatori di alcune isolette, con in mano due remi che tuffava ritmicamente nell'acque limpidissime. La mamma che, evidentemente, non aveva mai visto né cinema, né televisione, né proiezioni, scattò in piedi, proiettandosi verso le immagini che si susseguivano sulla parete bianca della stanza gridando: "El xe lu": è lui, cercando di toccarlo... mentre gli sfuggiva tra le dita. Ci fu un momento di commozione tra i presenti: a qualcuno spuntò una lacrima di tenerezza per quella madre, che definiremo grande. "È lui". Sì, era lui, il figlio, nato da lei, cresciuto nella sua famiglia, educato alla religione sulle sue ginocchia e dal suo cuore preparato per la chiesa del Signore.
Era lui, il ministro di Dio che costituiva tutta la sua gioia, la ricchezza della sua vita, il suo vanto, il suo onore. Era lui, il figlio sacerdote, del quale ne parlava a tutti come di una cosa grande. Era lui che le appariva nella felicità dell'apostolato e quale non avrebbe mai saputo immaginarselo diversamente. Sì era lui che ha tanto amato la sua terra d'elezione e d'adozione, El Salvador, per la quale ha offerto la sua vita e che un giorno o l'altro lo invocherà "santo" nella gloria degli altari». (P.N.D.).
Dopo questi due brevi ma fedeli ritratti dei suoi genitori, seguiamo lo sviluppo e l'avvicendarsi della sua giovinezza in seno alla famiglia. Ci accompagneranno nel nostro cammino: «la prudenza del serpente (la saggezza) del papà e la semplicità della colomba della madre», cioè quelle virtù, tanto raccomandate da Gesù nel suo Vangelo, perché hanno costituito in ogni tempo, l'architettura indispensabile per la costruzione di ogni edificio spirituale, religioso, cristiano, sacerdotale.