Negli «Atti degli Apostoli» di san Luca, al capitolo terzo leggiamo:
«Un giorno Pietro e Giovanni salivano al tempio per la preghiera verso le tre del pomeriggio. Qui di solito veniva portato un uomo, storpio fin dalla nascita e lo ponevano ogni giorno presso la porta del tempio detta 'Bella' a chiedere l'elemosina a coloro che entravano nel tempio. Questi vedendo Pietro e Giovanni che stavano per entrare nel tempio, domandò loro l'elemosina. Allora Pietro fissò lo sguardo su di lui insieme a Giovanni e disse: 'Guarda verso di noi'. Ed egli si volse verso di loro, aspettandosi di ricevere qualcosa. Ma Pietro gli disse: 'Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo dò; nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!'. E, presolo per la mano destra, lo sollevò. Di colpo i suoi piedi e le caviglie si rinvigorirono e balzato in piedi camminava; ed entrò con loro nel tempio camminando, saltando e lodando Dio».
Le tre del pomeriggio corrispondevano all'ora nona dei romani e dei greci, al tempo di Gesù: decisamente verso il tramonto.
San Matteo dice esattamente: «E intorno all'ora nona Gesù, gettato di nuovo un alto grido, rendé lo spirito». (Mt 27, 50).
Il suo parroco di Roverbasso attesta: «Una mattina anzitempo, trovai P. Cosma inginocchiato sulla porta della chiesa ancora chiusa. Può darsi ch'io fossi sceso un po' in ritardo, ma è probabile che lui fosse in anticipo sull'ora consueta per la celebrazione della santa Messa. Al mio leggero imbarazzo, più che alla mia sorpresa, rispose che è stata la sua gente d'America a dargli l'esempio. Nella sua parrocchia, di frequente, al mattino, trova delle persone (più spesso mamme) che lo attendono davanti alla porta. Intanto si raccontano le loro storie, si scambiano le loro confidenze e molte volte pregano inginocchiate sull'ampia gradinata di quella nostra chiesa che è davvero un maestoso duomo. D'altra parte — continuava il padre — l'abbiamo insegnato noi ai fedeli, quando passano davanti a qualche chiesa, d'entrare per una visitina al Signore, alla Madonna, di fermarsi anche per una semplice genuflessione...: di levarsi il cappello, di farsi il segno della croce, di recitare una giaculatoria, quando passano davanti a qualche capitello, a qualche edicola!».
Ora molti adulti lo fanno senza dubbio; più frequentemente sono i bambini che si ricordano di dare, di portare un saluto al Padrone del mondo, nostro Signore, quando Gli passano davanti, nelle sue chiese, nelle cappelle disseminate un po' dovunque!
Così si comportava san Tommaso d'Aquino, che compose quel meraviglioso ufficio divino che recitiamo il giorno del Corpus Domini: passava ore e ore davanti al Santissimo!
Altrettanto usava fare la bambina santa Elisabetta d'Ungheria. Quando trovava chiuse le porte delle chiese, si alzava in punta di piedi per scoprire il ciborio attraverso il foro della serratura.
I fedeli del San Salvador hanno imparato il catechismo dal P. Cosma e continuano a recarsi in chiesa, presso l'altare del Signore, sotto gli occhi della statua della Madonna, messa lì dal loro parroco, dove (dovendo cadere!) meritava di cadere, dove merita d'essere ricordato e invocato.
La vita del P. Cosma è sbocciata per il Signore, di buon mattino, all'alba che precede l'aurora dalla sua prima infanzia. Si protrasse, per Lui, per tutti i giorni, per tutti gli anni della sua esistenza. Si concluse verso il tramonto, all'oro nona di orazione.
Unici istanti di riposo al suo lavoro, i gradini dell'ingresso alla chiesa; unica sosta beata in attesa della sua glorificazione, i gradini dell'introito che portano all'altare.  

«Sono suor Tulliana Spessotto, cugina del P. Cosma. La nostra famiglia era patriarcale. Ricordo il cugino martire fin dai primi anni, vivace e purissimo, di poche parole, piuttosto serio, ma attaccatissimo alla chiesa! Ci scriveva — siamo due cugine suore — nelle occasioni religiose dell'anno, spronandoci ad essere fedeli alla vocazione».