Il suo parroco racconta: "L'ultima volta che fu tra noi, poco prima del suo 'martirio', al rientro dalla Missione del Centro-America, a tavola, parlando del più e del meno, come s'usa, il discorso cadde sulla Guerra passata da qualche decennio. Io narravo le mie 'vicende' tragiche, lui sciorinava fuori gli spaventi dei bombardamenti a Madonna di Rosa presso San Vito al Tagliamento, a Motta di Livenza, presa di mira dagli aerei alleati perché, praticamente, costituiva l'unica via di scampo per le armate di Hitler, in rotta e in precipitosa ritirata. A tratti il discorso s'animava come se noi stessi fossimo stati dei vecchi soldati in congedo. Si rievocavano fatti vicini e lontani che toccarono la nostra gente, quelli delle nostre parrocchie, dei paesi vicini".
"A proposito — saltò fuori padre Cosma — come se l'è cavata, lei signor parroco, quella volta che fu arrestato dai nazi-fascisti, deportato e condannato a morte?".
"Ecco! Prima di tutto non ho ancora finito di ringraziare la Madonna di Motta, per avermi concessa la grazia di riuscire a scappare proprio per un vero miracolo, proprio miracolosamente; poi lasciamo perdere, padre: son cose tremende: non rievochiamo più quei giorni: mi sento ancora agghiacciare le vene e i polsi, mi tremano ancora i nervi al solo ricordo".
"Non intendevo dire questo, signor parroco: desideravo sapere...".
"Per amor di Dio, padre, che momenti, che momenti; non ne parliamo affatto. Che Dio benedica tutti, che Dio perdoni tutti, che Dio usi misericordia con tutti: che il Signore abbia perdonato a tutti!...".
"No, no, permetta signor parroco: non ci siamo capiti, non c'intendiamo. Non è che voglia sapere nomi e fatti, che voglia, rivangare un terreno insanguinato, che voglia risentire i fatti suoi che già conosco, ma vorrei pensare ai fatti miei. Lo so, lo so, che sono state cose più grandi di noi e a ripensarci in eterno non riusciremo a cavarci fuori il bandolo di quelle assurdità, che portarono a scatenare la terribile guerra con tutte quelle conseguenze che la stessa storia non riuscirà mai a raccogliere per intero e a spiegare esaurientemente alle future generazioni. Vorrei solo sapere come ha passato quei giorni dopo che seppe della sua condanna a morte. Come s'è preparato! Cosa pregava! Come pregava! Cosa diceva al Signore".
"Ma perché mi chiede queste cose, padre" gli chiesi io meravigliato e portato fuori di me dall'atmosfera della guerra di cui si parlava.
"Ecco — riprese il padre — vorrei appunto sapere come s'è preparato lei alla morte, per regolarmi, per imparare... caso mai toccasse anche a me!".
"Ma non dica queste cose, padre! Son passati quei tempi da lupi! Non torneranno mai più quei tempi! Una simile barbarie non si ripeterà mai più! E mi misi a guardarlo, ad osservarlo, a fissare quel volto sereno e sorridente e pur velato da una intensa preoccupazione; quel volto che sembrava fissare un punto fermo nella vita, nel tempo. Sulla fronte era apparsa l'ombra d'una ruga che velava lo sguardo... eppur gli occhi splendevano! Un bagliore della notte degli Innocenti di Betlemme.
Il discorso sulla guerra si esaurì ed egli continuò a parlare della sua chiesa di Nonualco, di com'è bella e grande, artistica: di come si riempie alle domeniche e nelle feste: dei suoi catechisti, dei suoi chierichetti: delle buone vecchiette che vengono ogni sera a recitare il santo Rosario: dell'altar maggiore fatto così e così: delle ore di adorazione al Santissimo e della processione del Corpus Domini: dell'entusiasmo delle Prime Comunioni dei bambini della parrocchia: della vite ch'era riuscito a piantare... e dei grappoli d'uva che regalava a tutti finché n'aveva".

Ma quando ci giunse la triste notizia, allora ricordai tutto, compresi le preoccupazioni che velavano il suo spirito, i presentimenti che, forse, Dio stesso gli metteva nel cuore... perché si preparasse, si disponesse! Il suo testamento spirituale lo conferma senza esitazioni, senza ambiguità, con lucida, cristiana chiaroveggenza...: staremo per dire: come una autentica "profezia"... che Dio regala ai "buoni" (Don Paolo Bolzan, parroco di Roverbasso di Codogné).