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MARIO BONGIORNO di Roberto Costella


Autodidatta relativamente al pittorico; assecondando una pulsione istintiva, il suo interesse per l'arte figurativa è nato verso la fine degli anni sessanta e si è sviluppato sul doppio livello del teorico e del pratico.
Così, allo studio della pittura veneta (cinquecentesca soprattutto) dell'arte contemporanea (con particolare attenzione alle avanguardie storiche), si è affiancata l'attività di copista (agli inizi) e la produzione successiva dei soggetti umani e naturali.
Grazie alla conoscenza di Matisse e dei Fauves, conquista la libertà costruttiva e compositiva della forma, elaborando un disegno sintetico ed essenziale. Le scelte cromatiche propongono una gamma mediata dalla tradizione veneta , filtrando il tonalismo di Giorgione, il colorismo timbrico di Paolo Veronese, la sintesi cromatica espressionista del contemporaneo Gino Rossi.
Ma la pittura di Bongiorno privilegia la dimensione concettuale, partendo dalla convinzione che l'arte dev'essere soprattutto trasmissione di contenuti e idee (connesse principalmente al culturale e al sociologico). Attraverso metafore e simboli elabora un linguaggio che è simultaneamente momento di analisi e giudizio rispetto al vissuto. A questa pittura socialmente impegnata, alterna studi di paesaggio con l'architettura storica del territorio Veneto (quasi sempre edifici cultuali) a riferimento qualificante il paesaggio, e qui convivono il metafisico dechiri-chiano, la religiosità vangoghiana.

Roberto Costella
 

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