Lontana e ignota è l’origine del rapporto tra Mansuè e il suo patrono
san Mansueto, vescovo francese di Toul dal 338 al 350 e certamente non
figura eponima; il legame è però consolidato e già documentato
visivamente sulla storica facciata della chiesa da un antico affresco,
dove il patrono era collocato entro una cornice muraria realizzata tra
il portale d’ingresso e il rosone centrale. La figura del santo,
deterioratasi nel tempo, risultava ancora percepibile nel 1960 e qualche
stampa fotografica del periodo documenta una labile sagoma.
L’immagine del vescovo, nel frattempo scomparsa, era stata poi
riproposta dall’artista Gina Roma che in quello spazio, con le stesse
proporzioni e la medesima tecnica, aveva raffigurato un moderno San
Mansueto interpretandone liberamente gli attributi iconografici; il
dipinto, eseguito nel 1990, è rimasto sulla parete fino al 2002 quando,
in seguito a gravi danneggiamenti della superficie pittorica, è stato
asportato e, per quanto possibile, restaurato. L’affresco rimosso,
intelato e risarcito delle lacune ma compromesso nella qualità
cromatica, ha trovato infine posto in un locale della Parrocchia
risultando impossibile la ricollocazione nello spazio originario.
Dunque, il prospetto principale della chiesa è ritornato vuoto anche
se, esteticamente, in ragione della sua essenzialità compositiva e
omogeneità tonale, la facciata sembra concepita per avere un centro
focale nella citata cornice.
Partendo da un’idea dell’artista Renzo Marcon, si è ritenuto che
ripensare un’immagine di San Mansueto avesse un fondamento storico,
culturale e devozionale potendo costituire un segno significativo per la
sua protetta Chiesa, cioè per l’edificio e per la comunità dei fedeli
che nel patrono si è identificata e tuttora si identifica; l’intento è
stato risarcire una lacuna, ridando evidenza e quindi ribadendo anche
figurativamente un legame spirituale.
Ipotizzare un'immagine contemporanea forse sarebbe stato più
giustificato, ma risultava difficile trovare un artista di provate
capacità, esperto nell’affresco (tecnica duratura su muratura esterna,
ma che non concede approssimazioni) in grado di coniugare tradizione
pittorica e modernità, leggibilità ed espressività estetica, valenza
teologica e chiarezza semantica.
Più
logico, ma soprattutto corretto e legittimo, ricorrere a un’iconografia
storicamente accreditata e a una tecnica collaudata. In tal senso la
soluzione è sembrata quasi scontata risultando la Parrocchia titolare di
una pala, oggi conservata al Museo Diocesano di Arte Sacra di Vittorio
Veneto, che fino a metà del Novecento è rimasta sull’altare della chiesa
di Mansuè. Si tratta del dipinto di Andrea Vicentino (1542-1617) che
rappresenta San
Mansueto vescovo tra la Madonna con Bambino in gloria e Santi; è
un’opera realizzata ad olio su tela, di grandi dimensioni (327x190 cm),
dove la figura del protagonista è centrale e dominante, evidenziando il
suo ruolo patronale e pastorale. Mostra un vescovo autorevole e con
piena consapevolezza della sua missione che pare osservare, ascoltare e
dialogare con i suoi fedeli: si dichiara persona eletta ma non
incombente, forte ma non opprimente, salda ma senza rigidità e durezza.
San
Mansueto rappresenta una figura carismatica ed esemplare che, provenendo
dal passato, ha attraversato la storia e tuttora esiste al di sopra
della storia: è perciò capace di accompagnare e unire le generazioni che
qui sono vissute e le stagioni che qui si sono succedute. È una presenza
che a Mansuè può quindi ritornare percepibile e concreta, per mostrare
la sua benevolenza, per elargire la sua protezione, per confermare il
suo ruolo spirituale.
La
collocazione esterna, nella cornice destinata al Patrono, lo conferma
protettore della Parrocchia e dei parrocchiani anche fuori dello spazio
consacrato: assiso sulla cattedra, dall’alto (quindi come vero episcopos)
guarda lontano e osserva oltre, restando al contempo visibile sulla sua
chiesa e quindi invocabile ed acclamabile dalla sua comunità.
In
considerazione del fatto che il mosaico è la tecnica della tradizione
figurativa cristiana più antica, consolidata e ancora oggi praticata, si
è ritenuto che la trasposizione musiva dell’immagine fosse la scelta
ideale per la facciata, da sempre riservata al Santo.
Contatti con la Scuola Mosaicisti di Spilimbergo – specializzata in
riproduzione di arte antica – hanno confermato la possibilità e la
disponibilità operativa garantendo pronta realizzazione, assicurando
durata materiale e inalterabilità tonale anche in collocazione esterna;
così, dopo aver precisamente definito la composizione formale, ottenuto
il nulla osta dell’Ufficio Arti Sacre diocesano e della Soprintendenza
regionale, acquisito garanzie finanziarie, l’Istituto scolastico
friulano – impegnato nella conforme restituzione musiva del dipinto – ha
ricevuto da don Lucio Marian l’incarico esecutivo.
È
ovvio che l’immagine finale si è limitata alla figura di San Mansueto,
inserita nella cornice architettonica senza le figure laterali e lo
spazio perimetrale della tela originaria, che avrebbero affollato e
confuso la scena, obbligando il Patrono a dimensioni più ridotte,
indebolendolo e compromettendo la leggibilità a distanza. Isolata e
autonoma, l’immagine del Santo risalta come presenza netta e connotata,
con evidenza plastica e massa policroma accesa dalle sezioni auree del
mantello contro le tessere azzurre dello sfondo, per qualificare e
dominare la candida facciata della chiesa.
E
il 3 settembre 2011, grazie all’impegno volontario e a tanti contributi
gratuiti individuali, dopo un anno di attività riservate a ipotesi
formali e consulti culturali, richieste istituzionali e redazioni
contrattuali, sollecitazioni operative e collaborazioni tecniche, San
Mansueto ritorna finalmente sulla facciata della sua chiesa protetta.
Roberto
Costella