Parte 4 - Installazione |
IL MOSAICO DI SAN
MANSUETO Mansuè, 3 settembre 2011
R e l a z i o n e f i n a
l e |
|
Un’attività durata un anno e dedicata alla realizzazione del mosaico di
San Mansueto si è conclusa: doveroso perciò riepilogare e rendere conto
trattandosi di un’iniziativa legata alla Comunità parrocchiale di Mansuè,
e dichiarare che la presente relazione è stata elaborata dal
sottoscritto e approvata dalle persone più coinvolte nel progetto, e
cioè:
Renzo Marcon, ideatore e primo animatore, promotore e divulgatore,
attivo e partecipe ad ogni fase dell’iniziativa specie, nella scelta e
definizione dell’immagine da eseguire;
Silvano Rubert, decisivo nel contributo di grafica computerizzata,
co-curatore della mostra documentale e divulgatore in rete dell’evento;
Guido Pasquali, solidale sostenitore del progetto, consulente operativo
sempre pronto a trovare soluzione alle problematiche tecniche e
logistiche;
don Lucio Marian, rappresentante parrocchiale, patrocinatore
dell’iniziativa e mediatore con gli uffici diocesani, sempre fiducioso
degli esiti progettuali, promotore delle solenni cerimonie
d’inaugurazione;
il sottoscritto, curatore generale delle operazioni;
A tutti loro, alla Scuola Mosaicisti Friulani e specificamente al
presidente Alido Gerussi, al direttore Gian Piero Brovedani, al maestro
Lisa Battistutta esecutore dell’opera, e anche a Cristina Falsarella
direttore dell’Ufficio Diocesano Arte Sacra, a Gabriella Delfini
funzionario della Soprintendenza Beni Architettonici, la gratitudine di
tutti gli altri membri del sodalizio e l’apprezzamento del gruppo
promotore e della comunità di Mansuè.
Ma sono tante le persone da ringraziare: nella mostra “Il ritorno del
Patrono” nella Sala Parrocchiale San Mansueto c’è – non solo per
circostanza – un elenco di nominativi che, a diverso titolo e in diversa
forma, hanno contribuito all’attuazione del mosaico. La loro
partecipazione è stata fondamentale, soprattutto gratuita e volontaria:
è bello constatare che tutti i contattati hanno risposto prontamente e
affermativamente, dando un chiaro segnale di partecipazione solidale,
dimostrando fiducia e disponibilità per un fine collettivo.
La nuova immagine di San Mansueto è infatti risultata da tanti e diversi
apporti, da impegno e idee condivise: è espressione della sua ecclesia,
cioè di una Comunità che, chiamata a mobilitarsi, in lui si è
riconosciuta e riconosce, per lui si è attivata.
Oggi la Chiesa di Mansuè vive un giorno memorabile, ristabilendo un
rapporto di continuità e unità storica. Con questa nuova presenza, che
ha soprattutto una valenza spirituale, la Comunità recupera l’immagine
del patrono: si tratta di una figura che diviene simbolo connotante,
icona che si mostra e rivela ai suoi protetti, che si manifesta e offre
ai suoi fedeli.
Sulla facciata, in passato, un affresco mostrava una sagoma assisa in
cattedra con piviale, mitra e pastorale (senza però dare possibilità di
datazione e attribuzione): rimasta leggibile fino al 1960, poi si è
gradualmente dissolta. È stata riproposta, ma resistendo solo dodici
anni (1990-2002), l’immagine dipinta da Gina Roma, ora visibile nella
Sala San Mansueto. Il mosaico che oggi si inaugura, dovrebbe durare di
più, sfidare il tempo resistendo alle intemperie e, speriamo, alle
vicende umane.
Ma come nasce e si sviluppa l’iniziativa?
L’idea, come per il dipinto recentemente eseguito e rimosso, è partita
da Renzo Marcon: un proposito maturato nel settembre 2010 ricevendo
obiezioni e perplessità insieme a consensi e incoraggiamenti, ma che in
breve è divenuto proposta concreta e progetto esecutivo.
Don Lucio Marian venuto a conoscenza ci ha pensato ma, al di là di
qualche cautelativo dubbio iniziale, si è subito pronunciato sostenendo
l’ipotesi anche in Consiglio Pastorale, dimostrandosi poi sempre più
convinto e coinvolto nel percorso realizzativo, mai facendo mancare la
fiducia all’iniziativa.
Quindi, insieme a Renzo Marcon e Silvano Rubert, è stato possibile
individuare ed elaborarare l’immagine da realizzare; con delega da don
Lucio Marian ho poi inviato le richieste d’autorizzazione esecutiva
all’Ufficio Arte Sacra di Vittorio Veneto, alla Soprintendenza Artistica
Veneta e, per l’installazione, all’Ufficio Tecnico del Comune di Mansuè
(nel caso insieme a Luigi Marson ingegnere e Paolo Rosso architetto);
intanto ho contattato la Scuola Mosaicisti del Friuli poi, definito e
stipulato il contratto, ho seguito l’esecuzione musiva a Spilimbergo.
Il reperimento dei finanziamenti è avvenuto grazie a Renzo Marcon che si
è accollato un impegno decisivo, impopolare e non scontato, specie
nell’attuale congiuntura economica. Il mosaico viene a costare quasi 12
mila euro: è l’unico capitolo di spesa, interamente finanziato da
elargizioni private.
Sia chiaro che chi si è mobilitato a Mansuè non ha percepito alcun
compenso, né preteso rimborso spese per l’attività svolta.
La copertura della cifra pattuita è stata garantita dalla generosità di
persone abitanti o attive in paese, mentre la gestione delle operazioni
è avvenuta grazie alla disponibilità dei pochi già citati che,
all’occorrenza, si sono avvalsi di interventi tecnici o consulti teorici
esterni forniti sempre gratuitamente.
Allo stesso modo e con lo stesso spirito presso la Sala San Mansueto è
stata allestita la mostra “Il ritorno del Patrono” finalizzata a
documentare e ricostruire l’iter complessivo tramite fotografie,
materiali musivi e testi elaborati; l’evento è stato curato da Silvano
Rubert e dal sottoscritto.
Da aggiungere che, grazie ad un residuo di bilancio, c’è forse la
possibilità di pubblicare un opuscolo dedicato a San Mansueto e alla sua
chiesa, all’iconografia del presente (il mosaico) e del passato (dipinti
a olio e affreschi, fotografie d’epoca), al recupero dell’identità
storica del patrono (da fonti medievali). Stiamo valutando i costi, i
contenuti e le modalità di stampa.
Ritornando più dettagliatamente al mosaico, è da precisare che
l’elaborazione dell’immagine non è stata semplice nel senso che,
scartata l’idea di opera pittorica di un artista contemporaneo – non
garantita in termini di durata materiale, esiti estetici e valenza
iconologica – è sembrato quasi obbligato ispirarsi alla Pala di San
Mansueto, cioè al dipinto realizzato tra ‘500 e ‘600 da Andrea Vicentino
per la Parrocchiale di Mansuè, pensando di proporre la figura del
Patrono.
Difficile è risultato l’adattamento estetico richiedendo una calibrata
ridefinizione per non tradire l’opera originaria, per non derogare da
fondamentali precetti, come l’intervento integrativo minimo e l’affinità
stilistica con dipinti dello stesso autore e con opere coeve a tema
affine.
Nel dettaglio è stato necessario isolare la figura centrale ed escludere
le presenze laterali (cioè tutti i Santi, gli Angeli, Maria in gloria);
poi, colmare le lacune derivate dalle cancellazioni, completando i lembi
del mantello di San Mansueto in basso a sinistra e nel bordo verticale
destro, parte del basamento della cattedra e del cielo (ovviamente
perseguendo una reintegrazione rispettosa dei caratteri stilistici
originari).
In termini puramente ottico-percettivi, essendo prevista la collocazione
in facciata, è stato opportuno adottare una compensazione prospettica
per dare leggibilità a distanza (fino agli 80 metri della antistante
piazza) accentuando alcuni contrasti cromatici e rinforzando molti
tracciati lineari.
Non è da dimenticare che la realizzazione – in termini di materiali,
modalità, tempi ed effetto di superficie – si è compiuta con una tecnica
diversa da quella dell’antica pala, con tutte le conseguenze del caso,
perché la martellina e le tessere del mosaicista definiscono la forma
molto diversamente dai pennelli e dai pigmenti del pittore. Da ricordare
infine che la revisione-riproposizione del dipinto è operazione
culturalmente problematica poiché traspone un’immagine antica nel
presente, la adatta (quindi inevitabilmente la modifica) ma
dichiarandone la derivazione e cercando una legittimazione filologica.
Il valore e senso culturale sta nella qualità tecnico-esecutiva, nella
coerenza della restituzione formale, nella congruenza alla facciata
architettonica, non certo nella pretesa di originalità artistica.
L’attenzione critica preliminare è stata elevata, i vincoli e le
esigenze visivo-estetiche considerate molte, ma alla fine la figura di
San Mansueto appare conforme all’originale e sostanzialmente omologa
all’immagine di Andrea Vicentino.
È però diventata formalmente più plastica e cromaticamente più netta
acquisendo un effetto scultoreo per guadagnare evidenza a distanza e,
tutto ciò, senza tralasciare i dettagli o mortificare i particolari,
soprattutto quelli anatomici (come si nota osservando da vicino il volto
del Patrono).
Sono questi i “segni della contemporaneità” che forniscono la datazione
ed evidenziano la peculiarità iconografica del mosaico, opera che vale
come copia moderna di un antico dipinto; il suo listello metallico
perimetrale, debordante dall’antica cornice muraria, dimostra che si
tratta di intervento moderno non coevo alla facciata, quindi di ideale e
solo virtuale ripristino, non certo di un restauro.
Sulla problematica storico-estetica e ottico-visuale, con Renzo Marcon e
Silvano Rubert abbiamo dibattuto, ipotizzato ed elaborato due mesi,
mettendo a punto almeno una decina di bozzetti.
Definito e individuato quello finale, il risultato è stato presentato a
don Lucio Marian e informalmente all’Ufficio Arte Sacra di Vittorio
Veneto.
Ottenuto un sostanziale consenso e quindi una sorta di mandato
operativo, si è passati alla seconda fase, cioè all’invio delle
richieste di approvazione agli organi competenti e a stabilire i primi
contatti – per verificare costi e realizzabilità – con la Scuola
Mosaicisti Friulani, istituto che, avendo storia e qualifica, risultava
l’unico interlocutore capace di garantire risultati tecnici, qualità
formale e durata nel tempo.
Al di là del prestigio, era logico rivolgersi ad un ente riconosciuto
piuttosto che ad un singolo artista, per tutelarsi da eventuali
problemi, controversie o contestazioni. Avevamo fiducia nella storica
istituzione friulana, conoscendola da quasi trent’anni e avendone
apprezzato le realizzazioni musive, anche nell’interpretazione di opere
antiche. Dunque, anche in questo caso, una scelta scontata, e a maggior
ragione, essendo io in rapporto di stima e amicizia con uno dei membri
del direttivo della scuola, Gianni Pignat, artista pordenonese che, si è
inizialmente prodigato come intermediario.
Intanto, Renzo Marcon ha cominciato a verificare la disponibilità di
persone abitanti o impegnate a Mansuè con ruolo imprenditoriale,
commerciale, finanziario o istituzionale. L’impressione è stata
positiva, ricevendo approvazioni, dichiarazioni di sostegno e spesso
disponibilità di contributo.
Tutto ciò è molto semplice a dirsi, ma nella realtà si è trattato di
un’attività coinvolgente, lunga e pesante, che ha prodotto e alternato
stati di euforia, fasi di stasi e qualche momento di scoramento.
Talvolta è stato difficile credere e continuare a impegnarsi.
In fondo, il mosaico è stato terminato solo all’inizio di luglio (anche
se i buoni risultati si intuivano già a giugno); la somma richiesta da
Spilimbergo effettivamente raggiunta all’inizio d’agosto; l’approvazione
finale della Soprintendenza (la “seconda” certificazione a mosaico
concluso) inviata solo il 26 luglio scorso e ricevuta in agosto. Di
fatto, l’idea nata un anno fa si è tradotta in realtà, superando tutti i
problemi di burocrazia e di finanziamento soltanto in piena estate 2011
e quindi, sostanzialmente un mese fa.
Se una sola di queste problematiche non avesse trovato soluzione, non si
potrebbe ora festeggiare il mosaico; ma tutto è stato superato e si è
compiuto come auspicato. Quindi, giusto godere della presente realtà con
San Mansueto patrono finalmente in facciata.
Nello specifico la nuova immagine è stata ispirata dalla Pala d’altare
dipinta da Andrea Vicentino (1542-1617) per la Parrocchia di Mansuè e
dedicata a San Mansueto con Madonna e Bambino in gloria, Angeli e Santi
Giovanni Battista, Girolamo, Caterina d’Alessandria e Apollonia; si
tratta di un’opera realizzata a olio su tela, che misura 327 x 190 cm;
già esposta fino a metà ‘900 nella chiesa originaria, è ora conservata
al Museo Diocesano di Arte Sacra di Vittorio Veneto.
Il mosaico è stato realizzato dalla Scuola Mosaicisti Friulani di
Spilimbergo ed eseguito dal maestro Lisa Battistutta nel periodo
maggio-luglio 2011 in modo conforme al bozzetto elaborato a Mansuè;
l’attuazione è stata preceduta da prove musive e molteplici tentativi di
definizione: per esempio la testa del santo è l’esito della terza
interpretazione.
Le dimensioni del pannello, di 240 x 130 cm, corrispondono alle misure
della cornice muraria della facciata; l’opera ha un peso complessivo di
85 kg circa. È attuata in smalti veneziani, cioè in pasta vitrea fusa ad
ossidi di piombo – non in materiale litico per limiti di resistenza
materiale, stabilità visiva e gamma cromatica – con tessere di forma
eterogenea, alte circa un centimetro ma non perfettamente isometriche e
complanari, incollate tra loro con adesivo cementizio. Eseguito con
tecnica diretta, su una rete trasparente in fibra di vetro.
Il mosaico finito è stato collocato su un pannello alveolare in
alluminio, poi inserito in una cornice d’acciaio perimetrale e infine,
dopo il trasferimento a Mansuè, fissato con sei tasselli metallici (di
18 mm) alla muratura della facciata della Chiesa;
L’installazione, che prevede la possibilità di rimozione senza
alterazioni per opera e muratura – come prescritto dalla Soprintendenza
– è avvenuta sotto la guida dei maestri mosaicisti Luca De Amicis e
Romeo Burelli.
Complessivamente l’effetto di superficie è (analogamente ai mosaici
paleocristiani) mutevole, essendo determinato dall’irraggiamento solare
e dalle condizioni atmosferiche: la tessitura musiva è molto sensibile
alla luce per i materiali vetrosi usati, per la variegata struttura del
piano di affioramento, per il contrappunto cromatico delle singole
tessere.
Risulta adesso più viva e pigmentata; nel tempo una pellicola si
depositerà lentamente e tenderà ad attenuare la vibrazione tonale,
integrando ancor più l’opera alla muratura. Ma il mosaico resterà
comunque un’immagine brillante, quasi di luce sorgiva, sempre pronta ad
accendersi, diversamente pulsando nel corso della giornata e delle
stagioni.
Così la Chiesa riacquista il suo originario equilibrio architettonico,
ricomponendo in facciata la tripartitura orizzontale con quella
verticale, poi riassunta e indirizzata verso l’alto dal vertice del
triangolo timpanato. Ritrova un centro focale, ridando policromia ad una
facciata altrimenti monocroma, inserendo nel cuore del bianco intonaco,
tra le scure forature del portale e del rosone, la cristallina
forma-colore del mosaico.
La Comunità di Mansuè finalmente recupera visivamente il suo patrono, ne
conferma e ribadisce il ruolo di protettore e presenza emblematica:
assiso sulla cattedra egli è capace di guardare lontano, nello spazio
come nel tempo, e anche, oltre il nostro spazio, oltre il nostro tempo.
San Mansueto, presenza ideale e sommo episcopos, è figura carismatica
che – come da etimo – osserva dall’alto e sovraintende, ponendosi a
salvaguardia di una terra e dei suoi abitanti anche fuori della sua
Chiesa, oggi come ieri, come domani. Il 3 settembre è il suo giorno
canonico, e quest’anno viene solennemente celebrato dall’intera Comunità
riunita intorno a don Lucio Marian arciprete di Mansuè, a monsignor
Eugenio Ravignani vescovo emerito di Trieste e di Vittorio Veneto: con
il nuovo mosaico, sabato 3 settembre 2011, si compie e manifesta il
ritorno del Patrono.
Roberto Costella
|
|