Home
Biografia
Lettere ad Andriana
Lettere Fogazzaro
Poesie
Fotografie
Itinerario letterario
Accrediti
Basalghelle

La vita ] Gli amici ] Le opere ] [ La critica letteraria ] Bibliografia ]

La critica letteraria

L' arte di Vittoria Aganoor è emanazione schietta, profonda e vibrante di un'anima innamorata d'ogni ideale bellezza, una poetessa che sentì drammaticamente l'amore. Toni eclettici, meditazioni e paesaggi, visioni cupe e meditazioni funebri, suggestioni pascoliane e immagini impressionistiche, si possono cogliere nella sua poesia a volte impetuosa, turbata da mille contrasti, ardente. Il sogno ed il ricordo nostalgico danno alla sua poesia un fremito di pianto.

Anche il suo stile epistolare è affabile, colloquiale, ironico e capriccioso. In lei la ricerca di "affetti fraterni" sentimentali o d'amicizia, il desiderio di emergere, ma pure la ritrosia di pubblicare i suoi versi. Schiva di ogni pubblica conferenza, vibrante nelle sue immagini di Napoli, della laguna Veneziana e della pianura verde di Basalghelle, il suo dolore ha gli accenti più profondi dell'animo. Sensibile al ritorno della primavera, al ricorrere delle feste, il Natale soprattutto, sente agitarsi dentro sé le emozioni feconde dell'amore.

In tutti destò ammirazione il suo meraviglioso Canzoniere "Leggenda Eterna". Testimonianze indubbie sono gli articoli di riviste dell'epoca, le conferenze tenute in suo onore e i numerosi saggi che studiano il suo carattere e la sua opera.

Vittoria Aganoor non fu di nessuna scuola, componeva versi che dava alle migliori riviste letterarie e d'arte. Saranno gli amici migliori, Andrea Maffei, Giacomo Zanella, Enrico Nencioni e la madre che spingeranno perché pubblichi i suoi versi, anche se, quando lei lo farà, queste persone care saranno già scese nella tomba. Stretta tra figure di grandi, come quelle di Pascoli (era nata appena sei mesi prima), Carducci e d'Annunzio, Vittoria Aganoor, donna, nel tempo della Belle Époque in cui le donne non avevano voce, disse di sé: "Penso che il mio libretto esce in cattivo momento. Povera me! Sarà un naufragio, temo". Fu invece un trionfo, in poco tempo si esaurì la prima edizione dei fratelli Treves di Milano uscita nel 1900 e ne venne affidata una seconda, alla Casa Editrice Roux e Viarengo di Torino che uscì nel 1903. La sua leggenda eterna in Umbria non finisce, la notte le parla ancora con la voce di eternità e mistero, l'amore le sorride, il paesaggio umbro le dona felicità e pace, una vita più serena. Vittoria fece della vita, letteratura e della letteratura, vita: anche dalla Bibbia trarrà ottima ispirazione per poesie quali "Alba", "Esaù", "Agar","Isaia".

Il Croce disse che le "Nuove Liriche" sono più fiacche e meno alate, il volume usci nel 1908 dedicato a Guido, edito a Roma dalla Nuova Antologia.

C'è ancora chi avvicina Vittoria Aganoor all'area decadente per una serie di immagini simbolo che ricorrono nelle sue poesie, quali la campagna autunnale di Basalghelle ed il suo cimitero, le foglie morte ed il vecchio parco della Villa.

Bellissime tutte le lettere con cui da Basalghelle scrive agli amici rivelando ciò che la sua anima provava al risveglio della primavera, alcune di esse sono vere liriche rivolte alla natura e all'anima. Vittoria ama "il fresco odore delle piante e delle erbe", "le conversazioni con gli abeti scuri e le Alpi lontane", le vaste e verdi distese , gli echi dei rumori, "e le praterie, è assorta nella pensosità dei tramonto o nelle promesse dell'alba".

Vittoria prenderà invece le distanze dal D'Annunzio per i suoi toni troppo passionali e definirà la sua candidatura politica alle elezioni del giugno 1900 "un carnovalino politico".

Dentro alle poesie dell'Aganoor notiamo anche una vena di acuto "verismo" per le immagini tratte dalla natura come in "Sogno". Qui il vincastro nella nodosa mano, la fulva giovenca, i tini nei quali si pigiava l'uva nei giorni sacri alla vendemmia ed il vespero estivo ed ancora il falcetto tra i solchi di grano sono immagini che capta con i suoi neri e profondi occhi, nei campi di proprietà della sua famiglia a Basalghelle.

Non è stata esplorata abbastanza la vita naturale ed agreste di Basalghelle, che Vittoria, nobile contessa, conosceva nelle sue frequenti passeggiate in campagna tutte cariche di odori e di gesti abituali. Lei, con sguardo attento e con "affetti fraterni" era spesso vicina con doni ai contadini che lavoravano le sue campagne. A questo proposito così scriverà il 4 giugno 1884 allo Zanella: "Carissimo professore, eccole dei versi ispirati alla natura; qui non è "disperazione" o sconforto ma solo naturalissima malinconia che mette in core il tramonto. Questi versi li ho pensati camminando pei prati; vede bene che ho preso dal vero..." come ancora in "tramonto" o nella lettera dei 7 marzo 1888 da Basalghelle : "lo ho intorno a me l'Aprile, io ho nell'anima l'Aprile, io vedo fiori, io sento fragranze per tutto."

La poesia di Vittoria è dunque una delle più significative testimonianze di quella interpretazione della vita semplice che fu propria dell'ultimo Ottocento: è soprattutto una testimonianza di serietà ed impegno. Per questo è difficile definire la sua personalità intensa e complessa che ha come elemento ispiratore il paesaggio veneto ed umbro: tutto in lei appare dominato da trepidazione e attesa fiduciosa.