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Basalghelle

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Le opere

Vittoria Aganoor pubblica le sue poesie, i suoi versi con la casa editrice Treves di Milano dopo le insistenza di letterati amici e di sua madre Giuseppina che le ripeteva: "Fallo per me" a cui dedica "Leggenda Eterna" nel 1900, la prima raccolta. La seconda sarà "Nuove liriche" dei 1908 dedicata a Guido marito amatissimo.

In lei il desiderio di tradurre in parole il suo mondo interiore ed ogni contemplazione della natura si fa consapevole sincerità di non riuscire sempre ad esprimere in parole i sentimenti racchiusi nel suo cuore.

La poesia l'aiuta in questa contemplazione del tramonto, delle stelle, della vita. "Leggenda eterna" è diario intimo e fedele di una vita semplice e profonda che si rivela nell'irrequietezza della sua fantasia. L'infelice amore della sua prima giovinezza, le aveva lasciato un duro monito, era guardinga e timorosa di nuove delusioni, ma tale fu la fonte ispiratrice di versi ora amari, ora vibranti di umanità e di lacrime. Il sentimento della natura era vivo in lei ed era dovuto all'educazione classica dello Zanella e ad una sensibilità innata che a Basalghelle raggiungerà il suo acume: "Molte cose amo... le nuvole e le praterie, il vespero e le stelle, e poi anche amo i grilli che cantan la sera, e le lucciole, e non solo queste cose così idilliache e poetiche, ma amo anche un gustoso desinare, e il vino vecchio, vecchio, vecchio, bevuto nei piccoli bicchieri color ametista o topazio, e le buone chiaccherette dopo il pranzo con tre o quattro amici veri, guardando il verde della campagna che va velandosi di sonno, e salgono salgono i ricordi..." (lett. a Capitelli dei 18.6.1890).

Di fronte al paesaggio meraviglioso provava sensazioni nuove con intensa passionalità: "La luna e le stelle... stesa in una lunga poltrona, nel perfetto riposo e quasi oblio delle membra, nella stanza buia e tranquilla io me ne sto per ore, d'innanzi alla finestra spalancata gustando il più profondo e perfetto godimento che gustato abbia mai nel comunicare colla loro anima di eternità e di mistero. Soltanto nell'oscurità e nel silenzio possiamo udirne le parole e goderne la pacificatrice malia".

Il rimpianto di un amore tradito, la descrizione dei paesaggi, la morte dell'amato, le amicizie elette, la freschezza dei sogno, la serenità estatica dei firmamento, i contrasti della sua ansia tormentosa, i suoni e i movimenti degli astri, faranno dire a Benedetto Croce: "Ah quella nobile anima amò davvero ! Amò nel modo stesso che qualsiasi povero essere umano e non potè mai né sorridere né ragionare sulla sua passione".

Dappertutto, la insegue il fantasma della sua infanzia, e a Basalghelle rivive nel parco di Villa Aganoor, convegno e salotto di uomini e donne d'arte e di cultura letteraria, la freschezza dei colori, la malinconia tranquilla, il fruscio degli alberi che anima la sua vita. Ricorda i Natali dell'infanzia in "Natale 1895", i rumori, i colori e i suoni della natura, della campagna e della vendemmia di Basalghelle in "Vespero", "Ancora nel vecchio parco", "L'ultima primavera", "Sogno" e "Passeggiata Francescana".

C'è qualche sua poesia che fa riferimento al tema della morte e a immagini rnacabre quali "Domani", "l'anello del morto" ''l'Egro dícea". Fantasmi, elfi, chimere tolti alla mitologia nordica parlano dei suo turbinoso lavorio interiore e dei suo dolore nelle fantasie notturne, come ancora in "Inferma" e in "Silenzio".

Vittoria Aganoor si descrive così: "Ciascuno di noi ha un mondo proprio in sé che nessuno conosce, e noi stessi, scendendovi nel libero raccoglimento di certi sicuri silenzi, ne restiamo talora come smarriti e travolti; ma là ritroviamo vero ed integro lo spirito nostro...".

E scrivendo a Domenico Gnoli dirà :" Nei miei versi c'è un poco di vita vissuta e moltissimo di fantasia; noi ragazze dobbiamo servirci molto della fantasia per vivere un po' intensamente; anche i nostri sentimenti vengono spesso costretti e storpiati dalle convenzioni, dalle convenienze, dalle leggi e dalle commedie sociali; così per vivere al largo, per abbandonarci liberamente alla gioia o all'angoscia dell'amore, dobbiamo salire sempre in sella a quel dolcissima corsiero dei sogno, che ci porta ovunque vogliamo... relativamente alle nostre conoscenze della vita. Voglio dire insomma, che se voi voleste vedere nei miei versi qualche dramma intimo, veramente vissuto da me, difficilmente potreste trovarlo."

E ancora dirà di se: "I versi più belli, quelli che non ho mai scritti, quelli che non scriverò mai, mi cantano dentro, mi commuovono ... e vorrei parlare a voce alta e magari gridare talora tanto è complesso quello che sento, sensazione e sentimento, intuizione improvvisa di eternità e d'infinito ... riminiscenza confusa, ma certa, d'altre vite..." (lettera a Gnoli dei 26.8.1898)