Mia adorabile amica,
sei tu sempre; nella gioia e nella pena, sempre schietta e
cara, sempre l’Andriana creatura buona e intelligente che intende i dolori
altrui e con la stessa squisita sensibilità si esagera forse talora i propri.
Oh lo so per prova che spesso veniamo presi da una melanconia nera che come
una nube compatta si mette tra noi e tutto ciò che potrebbe sorridere ai
nostri pensieri; a tutto ciò che potrebbe darci speranze e promesse e allora
par tutto inutile, vani gli studi e gli sforzi del passato, vano il voler
lottare con la cattiva sorte, una grande ingiustizia pare ci perseguiti, un
gran gosimento crediamo vedere negli altri dei nostri affanni; ci tornano in
mente tutti gli sguardi invidiosi che ci colsero nell’ora della serenità e
del trionfo, e tutti quegli sguardi ci sembrano adesso la velenosa origine dei
nostri sconforti presenti; una grande inerzia ci coglie, una inerzia dolorosa
con cui ci dichiariamo vinti e nella pungente voluttà della rinuncia troviamo
quasi una compiacenza e un trionfo; ma è sempre spasimo acerbo e quello stato
è atroce; oh provo tutto questo anch’io t’assicuro; ma appunto per questo
so, che tutto questo ha corta durata. Torna la calma, e il pacato
giudizio, torna la sicurezza nella nostra forza e in una più alta giustizia
che non sia questa miserabile convenzione di convenzioni umane, questo
ridicolo decreto di meschini principi e d’illogiche leggi.
La causa dei nostri dolori ci appare qual è veramente
tutto prende il posto che merita nel nostro animo, e la nuvola s’alza s’alza
e dilegua dietro v’è ancora il bell’azzurro, il buon azzurro, il cielo
clemente dei giorni giocondi, delle gaie ore tranquille; quella nube è stata
un sogno, un incubo passeggero; ora a pensarci ne ridiamo di cuore.
Noi saremo a Venezia il 1° di agosto e spero che vi sarai
anche tu, ma là o altrove ci vedremo certo; ho una vera smania di vederti, di
parlarti, di baciarti, di stare con te a lungo.
Alla Tea abbiamo scritto e ne abbiamo risposta; è come al
solito serena e cara solo si duole che tu abbi dovuto ritardare il ritorno; le
riscrivo oggi stesso, ma non le dirò che tu sei triste. Pascarella fu di
nuovo a Venezia e fece una corsa anche qui per poche ore; ci riparlò di te
con schietta e profonda ammirazione come tutti quelli che ebbero la fortuna di
conoscerti. Forse lo vedrai a Roma dove è tornato fin da sabato scorso. Tutti
ti mandano saluti affettuosissimi e la mamma vuole ti dica specialmente tante
cose fortemente amichevoli e riconoscenti; io mia sempre e più cara amica, ti
bacio con furore di bene e col fervido desiderio che al più presto tu scacci
come si fa con un insetto molesto l’ombra che ti si è posata sul cuore.
Pensa a tutti quelli che ti vogliono bene, bene serio e forte, alla stima
incrollabile che tu ispiri, all’ardente volere che si ha di vederti allegra
e contenta e non fosse che per gli altri forzati a vincere questo tuo stato
fosco, che non ha cause relative. Ti voglio tutto il bene
tua Vittoria