Apparentemente la vita
continua come prima, ma lei accusa subito una tosse persistente.
Poi gli avvenimenti precipitano: le giornate sono rese più
pesanti da una febbre noiosa e dopo qualche mese ...si aprono
per lei le porte del "San Luigi" di Torino, ospedale per malati
di TBC. Il suo infermo si è convertito, ma lei è presa dal male
che non perdona. Per Suor Eugenia il mondo sembra crollare, ma
solo per poco.
Mentre il cuore tende a stringersi in una sorda ribellione,
ravviva la sua fiducia e pronuncia il suo "fiat".
«Oh, come vorrei ripeterlo con generosa rassegnazione questo
"fiat" — scrive dal suo letto di dolore — ma lei sa benissimo.
Madre mia, che Suor Eugenia è capace a nulla, che il pensiero
del sacrificio mi fa tremare e solo l'ombra della croce mi
spaventa. Vorrei fuggirla, ma mi è impossibile, cerco invano di
allontanarla, la vedo sempre più vicina: "fiat"! Quantunque sia
così, Madre, non voglio perdermi d'animo per questo, anzi voglio
stringermi fortemente ad essa e fissare lo sguardo donde essa
viene e dove essa conduce; è troppo poco quello che si soffre
per una ricompensa così grande».
E, all'accettazione mistica del dolore, aggiunge subito una
battuta umoristica: «Non trovo alcun miglioramento, continuo a
tenere il letto, la febbre non mi ha ancora lasciata un giorno.
Madre, vedo proprio che questa volta il Signore vuoi farmi fare
la signora». |
|