Non dev'essere facile neanche
per Suor Eugenia!
Ci sono momenti in cui sofferenze e preghiere nascondono
ambizione, diventano schermo dell'orgoglio: un modo come un
altro per affermare la propria persona. Suor Eugenia conosce
questo tipo di tentazione. Come superarla? C'è una strada che la
spiritualità francescana le ha fatto intravvdere e per la quale
ha orientato la sua vita fin dal Noviziato: l'umiltà e l'amore
di Dio. La prima la porta a minimizzare la sua capacità di
soffrire, i suoi gesti eroici, la seconda la introduce nel
circuito d'amore in cui tutto è per l'altro e nulla per sé. Dice
alla sua Superiora accanto al letto: «Voglio avere la fede,
tanta fede, ma una fede che mi faccia sempre più piccola».
L'umiltà sposa l'eroismo e si coniuga in una continua e sommessa
contemplazione.
«Ho capito — scrive un giorno — che amare vuoi dire fare la
volontà di Dio!». La sua volontà è ormai in perfetta osmosi con
quella divina. Via via che i giorni passano, la sua anima
riflette la bellezza e la sublimità del suo sacrificio.
Tutti accorrono a lei che per ognuno ha sempre una parola di
conforto, di speranza, di amore. Di quel continuo pellegrinare
al suo letto non si compiace: lo considera un atto di bontà da
parte degli altri che invece l'avvicinano per cogliere, in
quegli occhi sempre più luminosi e profondi, un candore quasi
infantile, una invidiabile capacità di accettare la sofferenza
come il dono più prezioso.
Anche la sua Comunità occupa un posto nuovo nel suo cuore: «Sono
stata così poco con le mie consorelle. Ma come sento di amarle!
Madre carissima, mi dia notizie di tutte e poi le ringrazi tanto
per me». |
|