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I PRA’ DEI GAI

Mansuè si affaccia in un mare d’erba di suggestiva bellezza, chiamato pra’ dei gai. Il nome potrebbe derivare dal latino Gaium (località selvosa) o dal longobardo gahagi (bosco recintato). I pra’ dei gai sono una straordinaria golena naturale, un bacino di sfogo del fiume Livenza. Al centro si trova la paleoveneta “mutera” del ”castelir”, altura di origine naturale, risagomata dall’uomo, adibita dai paleoveneti ad osservatorio astronomico o stazione di guardia fortificata lungo il fiume Livenza. Una tradizione narra che un tempo queste terre erano di proprietà di un grande signore che, successivamente, le scambiò per tre galli (in dialetto gai) e da questo, secondo le popolazioni locali deriverebbe il nome “Pra’ dei Gai”.
I Pra’dei Gai vengono in parte coltivati a granoturco, soia, grano, viti e pioppo, ma per fortuna rimangono in essi ancora vaste aree a prato stabile, con flora e fauna caratteristiche, uniche ormai nella nostra regione. Queste coltivazioni sono favorite dalla presenza del fiume Livenza che lascia, quando straripa, numerosi limi che favoriscono la crescita delle piante.

IL BOSCO DELLA VIZZA

Sì, confesso che sento una gran stizza a non esser parona dela Vizza”, recita così una lirica di Vittoria Aganoor, una fra le maggiori poetesse italiane dell’Ottocento, che a Basalghelle soggiornava sovente in una leggiadra villa. Dalla sua dimora poteva godere della vista del bosco della Vizza, relitto delle ampie foreste che secoli fa ricoprivano la pianura padano-veneta.
È un querceto planiziale ceduo, parzialmente degradato che si colloca fra i pochi boschi della pianura veneta. L’ultimo taglio considerevole (i più anziani di Basalghelle lo ricordano bene), venne eseguito nel dopoguerra per far posto alle coltivazioni. Ironia della sorte: passato indenne a due conflitti mondiali, il bosco doveva soccombere in tempo di pace!!!
Conserva una ricca flora: farnie, carpini neri, frassini, olmi ornielli, aceri campestri. Fra i cespugli troviamo piante di ligustro, sambuco, prugnolo, viburno, corniolo, caprifoglio, edera, nocciolo e biancospino. Un tocco di poesia è dato da anemoni, gigli, pervinche, primule, viole, polmonarie, colorate orchidee. Fra gli animali si ricordano la capinera, la ghiandaia, il picchio verde, i rapaci notturni quali civette e gufi, nonché il cervo volante

I CASONI

Un elemento caratteristico del paesaggio di Mansuè sono i casoni. Attualmente se ne contano poco più di venti, ma in passato erano molto più numerosi. Tra i documenti che attestano l’esistenza dei casoni, nella campagna veneta, ci sono quadri di grandi pittori del ‘400-‘500, quali Carpaccio e Giorgione. Sono abitazioni rurali molto semplici, composte di due o tre stanze e di una piccola stalla. Dei ventiquattro presenti nel territorio del comune, solo tre conservano la loro primitiva destinazione d’uso; gli altri sono per lo più adibiti a ricovero per gli attrezzi o, in qualche caso, completamente abbandonati. Naturalmente era di legno tutta la struttura del tetto, che rimediava con la forte inclinazione, alla povertà degli elementi strutturali (travature molto sottili) e del rivestimento (canne palustri). È evidentemente una struttura basata sulla forma triangolare, generalmente realizzata col tenace e flessibile legno di salice, mentre alla robinia, ben resistente all’umidità, era affidato il palo longitudinale di colmo.
Per i pavimenti si usavano mattoni cotti, tavole di legno o addirittura la semplice terra battuta.
Il solaio era in legno, con travi generalmente di olmo, adatte a sopportare il peso del foraggio e delle granaglie, con tavole di legni vari (pioppo, gelso e ontano). Ancora negli anni ’50, essi rappresentavano la più diffusa abitazione dei braccianti o di piccoli coltivatori diretti, che vivevano stentatamente del proprio minuscolo appezzamento. I mezzadri vivevano invece nelle grandi case coloniche costruite da grandi proprietari terrieri per le famiglie, generalmente numerose, che lavoravano le estese proprietà dei “Signori”.
Queste case erano realizzate con mattoni cotti in fornace e con travature in legno di conifera, quindi con materiali acquistati sul mercato. I braccianti e i piccoli proprietari non potevano permettersi l’acquisto dei materiali da costruzione quindi, per edificare i casoni, utilizzavano al meglio quelli disponibili sul posto.

LE TRADIZIONI

Oramai nei secoli si sono consolidate delle usanze che fanno parte delle tradizioni di Mansuè.
La più caratteristica e significativa per il paese è senza dubbio la festa di San Marco, il giorno 25 Aprile, festa della antica Serenissima Repubblica di Venezia. In questa data è d’obbligo recarsi nei ben noti Prà dei Gai, portando con sé le uova e le erbe novelle che serviranno per fare la famosa e gustosa fortaia (frittata), sempre accompagnata da un ottimo bicchiere di vino della zona.
Un’altra tradizione, comune anche ad altri paesi della zona, di chiare origini pagane (auspicio di abbondanza dei raccolti ), è il panevin, un’ enorme pira di legna con in cima un pupazzo raffigurante una vecchia strega, la Vecia, che al tramonto del 5 gennaio viene incendiato accompagnato dal rosario cristiano e da canzoni propiziatorie.

Francesco Agostinis e Paolo Cancian II G)